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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Zara

"Zara mi torna al pensiero bella e gaja per esservi io sbarcato la sera d'una mite giornata d'aprile, in cui, ricorrendo non so qual festa, la popolazione accalcavasi per le strade dirigendosi verso la Piazza dei Signori, ove echeggiava la banda militare. Il movimento, la pubblica gioja, la novità dei luoghi, lo strano vestire e le marcate fisionomie dei Morlacchi mi allettarono in guisa da ispirarmi un'idea, a dir vero, troppo favorevole sulla capitale della Dalmazia. [...]. L'aspetto della città nulla offre di rimarchevole: non palazzi o case di bella e comoda architettura; non chiese che meritino di spendervi intorno molte parole. L'ampio sotterraneo, detto Cinque Pozzi, serve presentemente per serbatojo d'acque, che vengono inmesse da un acquedotto pochi anni sono ultimato. E fu una vera provvidenza, poiché Zara scarseggiava l'estate d'acqua potabile a segno tale, che negli anni 1828 e 1834 il governo dovette per più settimane farla trasportare con barche dalla cascata della Kerka, lontana quarantacinque e più miglia (pp. 74-75).

Zara nel 1840 contava 6.800 abitanti, non compresa la guarnigione. Ha il Comando Militare del regno, un tribunale d'Appello, un arsenale marittimo, e in genere tutti gli uffizj e dicasteri che si trovano anche nelle altre capitali della monarchia. Da alcuni anni il governatore conte di Lilienberg aprì un museo nazionale, coll'ottimo scopo di raccogliervi le antichità disseminate nella provincia. [...]. Con un territorio non fertile e poco sviluppo di manifatture, Zara non può avere un esteso commercio de' suoi prodotti. Uno di questi però è conosciutissimo anche fuori d'Europa: il rosolio detto maraschino, che vi si compone col sugo delle ciliege selvatiche, di cui abbondano le adjacenti campagne. È un traffico assai lucroso, e la fabbrica privilegiata del signor Luxardo, che è la più accreditata, fa vivere molte famiglie (p. 81).

Zara, quantunque capitale d'un regno, offre pochi comodi e passatempi al forestiere. Cattivo l'alloggio e il vitto, meschini i caffè, che, secondo l'abitudine dei paesi veneti, sono tanto frequentati; v'ha un teatro non brutto ed un Casino, i cui socj, riunendosi per leggere i fogli, danno qualche festa d'inverno. I contorni sterili e spopolati, la scarsezza di mezzi di trasporto, il chiudersi delle porte dopo battuta la ritirata, come s'usa nelle fortezze, non invogliano a far gite campestri, sicché i cittadini sono molto sedentarj. Frequentatissimo è invece il pubblico giardino, piccolo ma ameno per ben intesa disposizione e bella veduta. Posto sovra uno dei bastioni orientali, domina un esteso orizzonte: a levante il villaggio detto Borgo Erizzo, abitato dagli Albanesi che semibarbari vivono in malsane casupole, sucidi e cenciosi, e parlano un linguaggio poco noto (p. 76)".