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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Aurana

"Dal mondo romano, da Asseria, piombiamo a Vrana, in pieno mondo feudale, medioevale. Dista il lago di Vrana, col territorio storico che lo circonda, circa dodici chilometri a sud di Benkovaz. Ci si può andare in vettura, attraverso un altipiano boscoso, per una strada provinciale abbastanza ben conservata. Mi ci recai coll'egregio Novakovic, una bella mattinata di maggio. In fondo, ad ovest, lasciammo le rovine dell'antica Nedinum, interessanti, perchè presentano tre sovrapposizioni storiche: romana, turca, veneta. A sinistra, ad est, il floridissimo villaggio moderno di Stankovaz: è forse l'unico villaggio in Dalmazia che abbia una torre con un orologio. Quando la strada giunge al suo apice, si presenta al viaggiatore un panorama fantastico: sotto il colle, la vasta campagna di Vrana, con casolari e villaggi sparpagliati qua e là: a destra, in una macchia verde, la cosidetta Forlania, abitata da agricoltori fatti venire dal Friuli, ancora sotto il dominio veneto, ed oramai naturalizzati dalmati: in mezzo alla campagna, le rovine del grandioso convento dei templari di Vrana, tutte grigie; più in là, le rovine, alquanto instaurate, della Inda del beg Ali Atlagic ; più in là, ancora, il superbo e vasto lago di Vrana, dai riflessi azzurri; poi, una striscia di terra che lo separa dal mare; infine, il mare, e su esso un arcipelago di vaghissime isole. — Se si aprisse un canale tra il lago e il mare, — osservò il Novakovic — tutto il nostro distretto, se ne risentirebbe beneficamente, in linea economica ed igienica. Voi sapete che la malaria di Vrana è celebre. Rarissimi paesani di qui raggiungono il 35° anno di vita! — Lo so: c’è da sciogliere anche un problema agricolo ed economico. Prosciugando quelle vaste paludi, non pure si sanerebbe l’aria, ma si guadagnerebbe aH’agricoltura una campagna tanto vasta, che potrebbe mantenere un terzo di Dalmazia. S’è fatto qualchecosa? — Il festeggiato ingegnere zaratino, Bartolomeo Tamino, eseguì il progetto stupendo d’un canale di prosciugamento di sette chilometri e duna'congiunzione del lago al mare, per renderne le acque meno stagnanti e meno perniciose. Ma, il bel progetto è tuttora negli archivi..." (pp. 477-478). 

"Visitai le rovine famose del convento-castello dei templari. Si vedono tuttora le tracce del fosso e dei ponti levatoi. Internamente, tutto è sepolto sotto cumuli di macerie: non rimangono che le pareti esterne, in parte crollate, e qualche muro interno. Impossibile rifare con la fantasia lo splendore, la grandezza dell'edifizio; ma le macerie accennano ad una roccia potente, quasi inespugnabile. Dov'è la gloria del priore Palisna? In un angolo delle rovine, mi mostrarono la chiesa del convento dedicata a san Giorgio in cui si ritiene sia sepolto il Palisna. Mi consta che il conte Uberto de Borelli di Vrana, proprietario di quelle rovine, vi farà eseguire scavi, per rinvenire possibilmente la tomba dell'eroico priore e qualche lapide illustrativa che ne stabilisca almeno l'anno, tuttora incerto, della sua morte. 

Quando ritornai nel castello del beg Atlagic, in parte, come dissi, riedificato, l'amico Viko Pelicaric die vi tiene ora un'azienda, mi indicò l'edifizio ove il beg teneva il suo harem. Ma dove sono i giardini, le fontane, i parchi lussureggianti di quell'epoca? Acqua non mancava per simili lussi orientali: essa sorge abbondante da una caverna aperta, poco distante da lì, ed è pura, limpida, freschissima. Ne profittavano i templari, non meno delle sultanine. Oggidì il viaggiatore si reca ad ammirare quella caverna gigantesca, come uno spettacolo di natura e passa dalle rovine, meditabondo.

L'ultimo conte feudatario di Vrana fu Francesco-Maria-Folco de Borelli, un grande gentiluomo, morto a 74 anni, nel 1886, a Trieste, dove trovavasi di passaggio. Insorti litigi, nel 1854, tra lui e il demanio austriaco per i diritti di proprietà del feudo, che comprendeva, oltre al lago e alle sue adiacenze, 18 interi villaggi, e tenute vastissime a perdita d'occhio, il nobile conte si slanciò con energia in una causa memorabile che durò oltre 30 anni. Invano il demanio tentò di ridurlo alla tregua con offerte vistose e in momenti oltremodo critici per lui e per la sua numerosa famiglia: egli depose le armi, soltanto dopochè, gli venne offerta e pagata la somma da lui voluta, 750,000 fiorini. Lottò e vinse. Sul suo mausoleo, nel cimitero di Zara, un capolavoro dello scultore Rendic, la storia ha inciso questa superba iscrizione: Adversis non cessit: triginta annos de iure contendit: victor discessit. L'epigrafe tacitiana è dell'esimio filologo Pericic. […]. La famiglia dei Borelli occupa un posto primario nei fasti civili di Zara moderna. […]. Recentemente i Borelli contribuirono ad abbellire la marina nuova di Zara, edificandovi quattro palazzi e completando in tal guisa, in linea architettonica, il ritrovo prediletto dei zaratini. Il palazzo del conte Manfredo, il fratello anziano, porta lo stemma di famiglia. E l'antico palazzo di famiglia, in via San Michele, venne ristaurato dal conte Alfonso che vi dimora" (pp. 480-482).