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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Brazza

"Eccovi l'isola più ricca, più montana, più popolata di Dalmazia. Plinio la chiama Brattia, Stefano Bizantino Brettia. Essa forma col continente il canale della Brazza che si estende da Spalato a Macarsca: e con l'isola Solta il cosidetto stretto delle Porte di Spalato. È lunga 22 miglia, larga, nella parte orientale, 3 miglia, e circa 7 nell'occidentale. Da qualche tradizione storica risulta che l'isola, prima dell'epoca romana, era abitata da greci; ma la sua storia comincia da quando la popolarono i profughi delle due fiorenti città romane, Salona ed Epezio (l'attuale Stobrez), dopochè queste, nel VII secolo, vennero distrutte dagli avari e dagli slavi. […].

Da Spalato si distinguono nettamente, ad occhio nudo, i paeselli biancheggianti della costa nordica dell'isola: San Giovanni, San Pietro, capoluogo dell'isola, Postire, ecc. Nella stessa linea, ma in fondo ad un'insenatura, sorge Pucischie. Girando l'isola con un vaporino, troverete, sulla costa occidentale, Milnà, notevole per il suo magnifico porto e per la sua posizione ad anfiteatro, e, sulla costa meridionale, in riva al mare, Bol, alle falde del monte Vido, bella per i suoi caseggiati nitidi. Nell'interno montano dell'isola, sorgono molti altri paeselli interessanti, sia per il loro commercio, sia per i prodotti del suolo, come Dol, Splitska, Neresi, Humazzo ed altri. Tutti i paesi della Brazza si distinguono per il loro materiale moderno, per la qualità del loro vino, per il grado di benessere pubblico: sono cittadine simpatiche, soffuse di riflessi idillici, dal clima sanissimo, ove si vorrebbe dimorare lungo tempo. San Pietro, per esempio, è una bella borgata dall'aspetto civile, nobile, ricco.

La più alta vetta della Brazza s'erge a 822 metri. Fra altri monti minori si estendono valli e pianure ubertosissime, dove l'agricoltore rubò all'avara natura ogni palmo di terreno, rendendolo, per quanto selvaggio, fertile ed utile all'economia rurale. È deliziosa una gita, a dorso di mula, da San Pietro, oppure da Milnà, attraverso Neresi, fino a Bol. Troverete strade ripide, scoscese, fiancheggiate da burroni, da precipizi a dirittura. Non ve ne spaventate: serbate tutto il vostro sangue freddo: magari chiudete gli occhi, per evitare capogiri, e la brava mula vi condurrà, sani e salvi, alla vostra meta. Guai voler dirigere i passi di quell'animale cocciuto, chè allora correreste rischio di capitombolare.

Appena usciti da Milnà, vi si presenta un terreno scosceso, indi una bella pianura, e, in un'ora siete, a Neresi, nel cuore dell'isola. La cittadina, all'epoca del dominio veneto, era la capitale dell'isola. Ne rimane qualche ricordo: il palazzo della reggenza e la loggia. Da Neresi, attraverso l'altipiano montano che forma la parte meridionale dell'isola, si giunge a Bol. Più interessante, dal punto di vista pittorico, riesce una gita da Neresi a San Pietro. La zona che si attraversa è più verdeggiante, più ricca di vegetazione. La strada è un po' difficile, ma quando si arriva ad un certo punto, si presenta un panorama deliziosissimo: sotto di voi la nitida San Pietro e gli altri paeselli in riva al mare; di fronte a voi, verso nord, il canale della Brazza, i monti di Almissa e di Spalato, e più in là, ad ovest, il canale affascinante delle Castella. Un sentiero selvaggio, ma ombreggiato da pini e da olivi, trae a San Pietro. Mentre il vapore se ne stava ancorato nella rada di Bol, un egregio mio conoscente, brazzano, mi parlava dell'isola e di certe sue specialità. A ridosso del monte Vido, fermò la mia attenzione un'abitazione completamente isolata, là, in un paraggio montano, tra Bol e Murvizza. — È un monastero di pinzochere, abitato da quattro religiose che vivono una vita contemplativa, lavorano la terra da sè e pregano. — Non è una vita troppo piacevole... E Bol ha una storia? — Deve averla, ma nessuno ancora la scrisse. Dalle monete greche e romane, queste ultime del tempo della repubblica, che si scavarono nei dintorni, quasi a fior di terra, si comprende che Bol era nota a quei popoli. […].

— E il convento su quella penisoletta? — È dei padri domenicani. Un eremo ricco e secolare. Lo ebbero dal conte veneto dell'isola, Pietro Zaccaria, nel 1475. Sembra il castello di Miramare in miniatura, nevvero ? Se lo visiterete, un religioso vi mostrerà una sua raccolta di 6000 monete antiche. Nella chiesa di stile gotico, ammirerete, sull'altar maggiore, una pala del Tintoretto. — Proprio autentica? — I registri del convento parlano chiaro: «a mistro Jacomo Tintoretto depintor per suplimento di ducati 200 per la pala dell'altar maggiore...».

— Di che cosa vive il paese? — Di pesca, di agricoltura, di pastorizia. Recentemente si dedicò quasi interamente al grisantemo che qui alligna superbamente. Se ne fecero piantagioni sterminate. Ma sapete come va questo capriccioso articolo di commercio? Oggi vale 250 fiorini il quintale, e domani il suo prezzo precipita a 80 fiorini, un orrore!

Così, di paese in paese, noi troveremmo in tutta l'isola Brazza motivi storici notevoli, oggetti architettonici e artistici degni di ammirazione; e fermandoci più a lungo in una delle sue principali borgate non ci sorprenderà rilevare che l'isola conta alcune famiglie il di cui patrimonio sorpassa il mezzo milione. L'isola esporta oltre 150,000 ettolitri di vino. Venduto in media a fiorini 10 netti l'ettolitro, è un capitale di un milione e mezzo di fiorini che affluisce annualmente nell'isola. Ah, se si potessero slanciare in commercio i vini fini, prelibatissimi, della Brazza, il vugava, il zerljenak e altri. Sono nettari a dirittura, degni delle mense dei sovrani e dei numi dell'Olimpo. Brazza può, davvero, vantarsene" (pp. 136-140).