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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Traù

"Eccoci a Traù, il vapore passa rapidamente tra le due teste del ponte gremite di ragazzi giubilanti e plaudenti allo spettacolo, che davvero non trova tanto facilmente l'uguale. Di questa antichissima città degli Issei (Tragurium Issensium est opus, dice Strabone), che racchiude meraviglie architettoniche, vi ha una ricchissima letteratura storica (p. 26).

Giriamo per le viuzze della città, bruciando la siesta; molti ragazzi e molte popolane battono sulle vie pubbliche le mandorle, sgusciandole per conto dei negozianti che ne fanno rilevante esportazione. Traù è forse il più importante porto di esportazione per le mandorle della provincia. I negozianti hanno saputo far convergere al loro emporio quasi tutta la quantità prodotta dai distretti di Spalato e Zara, in guisa che nelle buone annate se ne esportano fino a 3000 quintali (p. 37).

La città è ben fornita di pesce bianco; vi sono orate, brancini, dentali e pizzi cantari di parecchi chil., e non cari, da 40 a 50 soldi il chil. Se questo luogo fosse stato congiunto colla ferrovia, il pesce avrebbe doppio valore e la pesca ben altro scopo che quello di fornire la pescheria locale (p. 26). La regione asfaltifera di Traù [inoltre] oggidì ha veramente un certo interesse nuovo e ragguardevole, ora che l'asfaltazione delle grandi città e la ricerca dei prodotti di distillazione del nostro asfalto per scopi terapeutici, ne hanno fatto salire il valore commerciale e ridestata la ricerca (p. 34).

Entriamo in una botteguccia ove due modesti mestieri si sono uniti in stretto connubio, su pochi metri quadrati di superficie. Ad un banchetto lavorano quattro calzolai, mentre in un angolo, nel fondo, tre donnine sono occupate a tessere su d'un telaio sbilenco. [...]. Quelle donnicciuole ci dicono che con quell'ordigno giungono a tessere cinque ed anche sei metri di stoffa al giorno, colla lana che ricevono dai contadini della Bosnia; e guadagnano quattro soldi per ogni metro di stoffa tessuta. Dalla statistica fatta ad occhio e croce, gironzolando per la città, risulterebbe che a Traù e nei suoi dintorni, lavorano non meno di 200 di questi telai. [...]. Però questa spontanea manifestazione d'una antica industria domestica, che una mente organizzatrice potrebbe di leggeri innalzarla a cespite fecondo di lavoro industriale e di guadagno perenne, è quasi quasi ignorata, fatta onorevole eccezione pell'agente delle tasse (pp. 35-36)”.