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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Ragusa

"Ragusa, la Venezia della Dalmazia, che sorge sopra una penisola alle falde del monte Sergio; il suo circolo comprende una costiera lunga quasi 75 chilometri e la cui larghezza varia dai 3 ai 10; è divisa dai circoli di Spalatro e di Cattaro e da una porzione del territorio Turco, conforme al trattato di pace di Passarowitz. […].

Questa città giace in una vallata piana solo nel mezzo, sì che nelle case poste più in alto a destra ed a sinistra s'ha bisogno di scale le quali massime di notte riescono incomodissime. Una larga via, detta il corso, divide la città quasi in due parti uguali. Le più belle chiese sono la cattedrale e quella di S. Biagio, protettore della provincia intera; […]. Bello è l'ex collegio dei Gesuiti, trasformato in ospedale miitare, che si cita come il più bell'edifizio della Dalmazia e le cui sale s'empiono di malati, specialmente in estate, quando dalla Narenta e d'altri luoghi circonvicini sviluppansi le febbri nelle truppe di presidio. […]. Fuori di porta Ploce vi è il lazzaretto, e vicino al medesimo un recinto circondato da mura dove tre volte alla settimana si tiene bazar. La carovana Turca si raduna a Bergato posto confinario distante tredici chilometri da Ragusa; questa città possiede, cosa rara in Dalmazia, due fontane d'acqua viva condotta dalla valle Giunchetto mediante un canale coperto.

Il passeggio favorito dei cittadini Ragusei è verso Gravosa, in un seno di mare al nord della città. I lati della baia sono adorni di belle ville appartenenti ai patrizi di Ragusa, ma che fatalmente furono ruinate dai Montenegrini, ed ora in parte riedificate. La più bella prospettiva si gode specialmente al punto detto la vista; un altro passeggio è fuori di porta Ploce, verso l'antico convento di S. Giacomo. Non lontano da Gravosa trovasi il porto di Lapad, che il governo Austriaco destinò fino dal 1833 allo sconto della contumacia pei bastimenti che provenivano dai paesi sospetti, e che erano prima costretti di subirla ai lazzaretti di Trieste e di Venezia. […].   

Questa città conta 8000 abitanti, i quali si dedicano al commercio ed alla marineria, e si distinguono per singolare lindura d'abiti, urbanità di modi e per istruzione che qui, più che altrove, è diffusa in ogni classe. È capoluogo di circolo e sede arcivescovile; non manca d'istituti di beneficenza e d'istruzione primaria e secondaria, fra cui un ginnasio diretto dai Piaristi; una scuola reale ed una di nautica; due lazzaretti; uno terrestre, l'altro marittimo; una camera di commercio; un monte di pietà e varii altri istituti pii. Possiede alcuni cantieri di costruzione pei grossi navigli; fabbrica di seterie; concia di pelli e distillerie di liquori. Tra i suoi prodotti sono in maggiore pregio il vino malvasìa e l'olio. Ragusa, detta ben a ragione l'Atene Slavo-Illirica e la Venezia della Dalmazia, si distinse per un avanzato grado d'incivilimento e per la sua coltura scientifica e letteraria, la quale le acquistò un bel nome in Europa. […]. Aprendo le pagine della sua storia, ben a ragione può andare superba de' suoi giorni gloriosi per sacrificii ed eroismo. […]. Ragusa e Dubrovnik, la città de' scogli e la città della selva, con coltura greca, italica e slava ad un tempo, già amica della mezzaluna e della croce, dipendente ed indipendente da tutte le potenze, pieghevole come l'oro e forte come l'acciaio. Ragusa coll'arte del  e col coraggio del no, fu non conquistatrice ma acquistatrice, non belligera ma resistente; ed ora l'illirica Atene, la Dalmata Venezia, la città della diplomazia, della matematica, dell'epigramma è fatalmente la sede della romantica mestizia. […]. Tanta prosperità cessò ad un tratto, e la stessa republica scomparve nel vortice delle conquiste Napoleoniche, e dopo la caduta del grande Côrso, per colmo di sciagura, passò sotto al dominio Austriaco" (pp. 49-55).