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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Sign

"Il capitano circolare Nani, teneva in pronto a Duare delle carrozze, volonteroso di far vedere a S. M. anche parte della Dalmazia fra terra, e specialmente i d’intorni di Sign, motivo per cui il sullodato capitano circolare, attese qui l’arrivo del re un giorno o due; tardanza derivata come abbiam detto, dall’impreveduta salita al Montenegro. […].

Si partì da Duare per Sign, montando il re in carrozza col capitano circolare, gli altri in altre già disposte, per una strada rotabile bastantemente bella, che pareva fatta da poco, o almeno riattata, costeggiando sempre la riva sinistra del Cettina, in senso inverso di prima. Il Serdaro avanzava a cavallo le carrozze qual battistrada. […]. Per la piana bellissima strada, godendo di quelle eleganti ben coltivate campagne, uguali, che non la cedono alle più belle contrade del suolo italiano, avviavasi alla borgata di Sign. La catena dei monti sul terreno turco, facevano a destra non in gran distanza, gradita corona, alcuno de’ quali con bianca cervice dalla neve che ancor conservava. Tutti di que’ vicini casali, accorrevano rispettosi sulla strada, come fossero stati prima avvertiti, e facevano inchino al re nel suo passaggio. Quegli abitanti ancorché morlacchi, sembravano di tutt’altro aspetto degli altri che vivono alle coste del mare, giacché meno imbruniti dal sole, meno patiti, più vigorosi e di meglio taglia mi comparivano, oltre di che più netti e più politamente vestiti, in modo da dire, corrispondenti ai bei luoghi che abitavano. Ecco la borgata di Sign, che maestosa sempre più si avvicina. Da Duare a Sign per quanta attenzione vi avessi messo alle piante dalla carrozza, nulla mi comparve di raro; lo stesso dissemi il re giunti che fummo a Sign.

Siccome nella casa ove alloggiava il re, non era vi luogo sufficiente per tutto il seguito, così il previdente capitano circolare, aveva già disposto per ognuno presso quegli abitanti, ricovero da darci per quella notte, i quali si esibivano cortesemente e di buon animo. Il giorno seguente di mattina, ebbe luogo una festa di giostra, e pregarono il re di voler assistervi. La giostra di Sign ricorda in quegli abitanti dei fatti d’armi avuti contro i turchi, de’ quali furono vincitori; in memoria di che istituirono sino da quei tempi remoti questa festa cavalleresca, di armeggiare cioè colla lancia a cavallo. Diedero pure questo giocoso spettacolo, nell'incontro che S. M. Francesco I. Imperatore d’Austria di gloriosa memoria, visitando la Dalmazia trovavasi di passaggio a Sign, ove ottennero il permesso d’allora in poi, di poter riprodurre ogni anno il giorno di sua nascita questa festa, ed al vincitore stabilì la sullodata M. S., che dalla cassa erariale le venghi pagata la somma di f. 100. Sotto il nostro Imperatore Ferdinando I. avviene lo stesso, mutata soltanto la giornata natalizia" (pp. 148-151).

"Tutti quelli che appartenevano alla giostra, il giudice di campo cioè co’ suoi ajutanti, l’alfiere o porta-stendardo, i cavalieri o giostranti, avevano un vestito proprio, molto ricco, di costume nazionale antico, che enunciava dell’eroico. I loro cavalli bardati riccamente uno a gara dell’altro, con gualdrappe guernite a frangie dorate, ricche selle, briglie eleganti con sonagli ed altro, di gran costo e valore. I cavalli non molto grandi, di bel portamento, assai focosi, tutti di razza turca. I port’armi, palafrenieri, scudieri, porta-lancie ed altri a piedi, addetti al servizio, vestivano il loro proprio nazionale morlacco, però ben decente. La strada ampia e bella, subito fuori della borgata, che da Trigl mette a Sign, serviva di piazzale allo spettacolo. Ai lati della stessa erano due forti travi conficcati in terra, alti dai 12 ai 15 piedi, all'estremità dei quali due buchi, pei quali vi passava una fune sufficientemente grossa, ben tesa, che attraversava la strada. Al mezzo della tesa corda stava appeso con particolare ordigno un disco di ferro, che aveva 4 divisioni, quella del centro rotonda e più piccola, le altre più e meno uguali. A destra avevano preparato una tribuna, elevata circa sei piedi da terra, coperta di ricchi arredi di damasco con sedie, destinata pel re e suo seguito; presso questa un’altra alquanto inferiore in eleganza, stabilita per le autorità locali, il pretore cioè, il podestà, con qualche altro. Dalla parte opposta della strada, cioè a sinistra, una guarnita pure con eleganza, che serviva per il giudice di campo, i due suoi ajutanti e l’alfiere" (pp. 152-153).

"Il pretore ed il podestà presentarono allora al re su d’una guantiera d’argento, un sonetto stampato all’occasione, in seta color di rosa. Al seguito, alle dame e ad altre raguardevoli persone, distribuirono lo stesso in carta fina reale. Era questo del seguente tenore:

Intanto i giostranti nel bell'ordine di prima, si recavano al punto per cominciare lo corse. Di là a poco, la musica che venne situata a destra della tribuna del giudice, diede l'avviso all’incominciamento. Si vide allora il primo cavato dall'urna, come gli altri pure che succedevano, con nobile portamento a carriera aperta cogliere l'anello, seguendo il corso sino a che il cavallo nell’impeto della presa fuga poteva fermarsi, ritrocedeva allora a passo alla tribuna, portando o presentando al giudice il colto anello nella sua lancia, quale inclinandola lo faceva cadere a terra. […].

Per tre volte replicavasi la medesima, e quello che arrivava fare più punti, era il vincitore. I punti erano fissati al numero di nove. Se accadeva di farli fra alcuni uguali, succedeva poi fra loro una special gara. L'anello di ferro appeso alla corda, aveva come dissimo tre divisioni, oltre il foro del centro, ch'era rotondo e più ristretto, colpito il quale contavi tre punti, gli altri due laterali più piccoli ne contavano due, il più grande un punto solo. Ogni qualvolta il cavaliere coglieva il centro, la musica si faceva sentire in segno di esultanza. Il colpire o cogliere dell'anello doveva per legge di giostra esser fatto nobilmente colla massima decenza e proprietà in gran corsa; por conseguenza ogni piccolo dissesto, rendeva al giostrante infruttuoso il suo colpo, per buono che fosse stato; anche il sortire persino col piede dalla staffa, ed altro qualunque minimo scherzo, giacché chiedesi perfetta decenza e nobil portare.

Di colui che colla seconda corsa ebbe più voti, e che avvicinavasi alla vittoria, quantunque la terza dovesse assolutamente decidere, avvertita la propria famiglia, festeggiava di già la sua bravura con colpi di fucile dalle finestre della sua abitazione, qual non era distante, sia per la certezza del buon esito, sia a destargli maggior animo di non lasciarsi superare. Lo stesso intatti fu l'incontrastato vincitore, desso nominavasi Giovanni Lovrich, per tale fu dal giudice salutato, ed appese alla sua lancia un largo nastro, col quale venne condotto in trionfo da tutto il corteggio, dal punto di partenza, al luogo ove cominciavano la corsa, nell'ordine e decoro di prima" (pp. 154-157).